Coltivare la terra è diventata la nuova tendenza delle nostre città dove gli orti rappresentano un elemento consolidato dei paesaggi urbani.
Scopriamone le origini e i benefici che si possono ricavare dalla rinascita di una tradizione antica.
Esistono dalla metà dell’Ottocento, ma sembrano essere tornati di moda recentemente e con sempre crescente successo si stanno diffondendo anche in Europa e in Italia. Con un nuovo volto, spesso quello di giovani privati e associazioni, gli orti urbani si stanno “facendo strada” nel grigio delle città e delle loro aeree periferiche. Il trend è quello che fa della sostenibilità il nuovo motore di una vita salutare e all’insegna del verde anche in città. Azioni che spesso e volentieri prendono il via anche e soprattutto all’impegno congiunto di più realtà che regolano e vivono le città contemporanee: dalla municipalità alle associazioni private che mettono in contatto coltivatori spesso non professionisti, fino a marchi commerciali che promuovono progetti collegati a una nuova rinascita verde.
Foreste per assorbire carbonio dall’atmosfera, per dare rifugio agli animali selvatici, per fornire aria e acqua pulita. Boschi e nuove aree verdi per riparare i suoli, per fermare il dissesto idrogeologico e per rendere più vivibili le città.
Coltivare la terra sembra proprio essere diventata una nuova tendenza, anche e soprattutto nelle nostre città, dove ormai gli orti urbani rappresentano un elemento abbastanza consolidato dei paesaggi cittadini, come dimostra il crescente impegno di associazioni e amministrazioni pubbliche nei confronti di progetti che hanno come obiettivo uno sviluppo sostenibile, ma anche la partecipazione dal basso che nasce da soggetti variegati che si uniscono creando reti economiche di natura solidale.
Ma facciamo un passo indietro, se i primi orti urbani risalgono alla metà dell’Ottocento e trovano il loro spazio nella Germania dei Kleingarten, ovvero spazi riservati esclusivamente ai bambini, la loro maggiore diffusione inizia in Francia grazie ai Jardin Ovrieurs, ovvero dei giardini operai in cui era possibile coltivare l’orto quale fonte di risorse economiche e alimentari, ma anche quale forma di sviluppo e di arricchimento delle relazioni famigliari e sociali. Eppure, per molto tempo, gli orti urbani a ridosso delle città sono stati ritenuti come elementi disturbanti in contrasto con l’estetica di molti centri urbani, e comunque retaggio di una dimensione contadina e non urbana.
A dispetto di tutto questo, negli ultimi anni sempre più città europee e italiane hanno visto crescere il numero delle persone che vogliono coltivare un orto.
Oggi, un orto urbano è uno spazio verde di proprietà comunale che viene gestito per un tempo definito da singoli cittadini o da associazioni e reti. I beneficiari possono ricevere in concessione questi spazi di dimensioni ovviamente variabili per uno o più scopi: innanzitutto, la produzione di frutta e verdura necessaria a soddisfare i bisogni degli assegnatari.
Giovani, donne e impiegati indossano i panni da sempre appartenuti ad anziani pensionati e operai per dare vita a nuovi spazi verdi in cui coltivare un orto in maniera collettiva non significa solo usufruire dei frutti della terra, ma proteggere la terra stessa e creare nuove occasioni di confronto e nuove forme di relazioni sociali volte a una nuova cultura della sostenibilità.