Tecnicamente, sono definite Blu Zone e rappresentano luoghi particolari del pianeta in cui si registra un’alta concentrazione di centenari rispetto alla media mondiale.

Si tratta di regioni in cui la popolazione si attesta su un livello di longevità tale da affascinare e coinvolgere una comunità scientifica formata da ricercatori, divulgatori ed esperti di diversi ambiti, ormai da decine di anni impegnata in viaggi, pubblicazioni e documentari.
Il concetto prese origine da due ricercatori, Gianni Pes e Michel Poulain, autori nel 2004 di uno studio pubblicato su Experimental Gerontology, che trattava il tema della longevità umana, e in cui s’identificata la provincia di Nuoro, in Sardegna, come l’area con la maggiore concentrazione di centenari al mondo. E poiché i due ricercatori per indicare le zone con la più alta longevità tracciavano sulle loro mappe delle serie di cerchi con un pennarello blu, questi luoghi presero il nome di “zone blu”.

Alle iniziali quattro regioni individuate dallo studio del 2004 – l’isola di Okinawa, in Giappone, la Sardegna, in particolare nelle regioni dell’Ogliastra e della Barbagia -, l’isola di Icaria, in Grecia, e la penisola di Nicoya, in Costarica -, l’americano Dan Buettner ne ha aggiunta una quinta, la comunità avventista di Loma Linda, in California, l’unica zona urbana delle blu zone.

Cinque aree della terra, nella maggior parte dei casi sperdute e isolate rispetto alla civiltà che segna la geografia del presente, che si caratterizzano per altitudini, clima e paesaggi diversi ma che hanno tutti dei tratti in comune. Una formula perfetta che li porta a vivere in base a regole che s’ispirano alla natura e alla naturalità. La famiglia, i legami affettivi, la convivialità, la solidarietà e, soprattutto, la costruzione e la cura di tutti quegli elementi alla base di qualsiasi comunità, piccola o grande che sia, sono i segni identificativi delle zone blu, luoghi in cui la felicità e il benessere fisico e mentale si manifestano apportando longevità. Il vivere all’aria aperta occupandosi di attività quotidiane e manuali come la cura del giardino o dell’orto, il pascolo di animali, la raccolta delle verdure, il praticare quotidianamente sport, così come qualsiasi forma di tradizione legata alla tavola, ad esempio fare pane e pasta a mano, sono tutte azioni che possono diventare la chiave di un equilibrio positivo che si nutre ogni giorno di energia e motivazione.

E se ciò che mangiamo è lo specchio di ciò che siamo, in un tale sistema virtuoso risulta di fondamentale importanza la qualità dell’alimentazione. Analizzando le abitudini e gli ingredienti che formano i regimi alimentari di queste cinque popolazioni, sappiamo che la loro nutrizione nella maggior parte dei casi si basa su diete uniche e spazia da verdure autoctone come le patate dolci di Okinawa e le cosiddette tre dee di Nicoya – mais, zucca e fagioli – ai carboidrati buoni che formano il pane e la pasta che arricchiscono le tavole dei villaggi sardi, fino alla dieta plant-based di Loma Linda. Non mancano le erbe, gli infusi, il miele e il vino di Icaria, il tutto reso estremamente speciale dalla conservazione di tradizioni, pratiche, usi e costumi di popoli che sanno vivere il benessere in modo semplice perché spesso rimasti lontani da ogni forma di civilizzazione tecnologica. Lasciarsi andare ai ritmi della natura, vivere a contatto con i suoi elementi, non demandare alla tecnologia ma svolgere quante più azioni manuali e azioni dinamiche, come quella di scendere e salire le scale o camminare all’aria aperta, sono solo alcuni dei comportamenti a cui possiamo ispirarci nella nostra vita presente. Ed è da qui che dovremmo partire per regalarci ogni giorno qualità, dagli insegnamenti di centenari che vivono felicemente in salute, incarnando inconsapevolmente, o quasi, quella che oggi può essere definita la testimonianza più autentica del benessere del futuro.